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Mostar

Il bombardamento dello Stari Most

La mattina del 9 novembre del 1993, dopo due giorni di bombardamenti lo Stari Most (Ponte Vecchio) crollò.(La distruzione del ponte di Mostar, video,1993)

Quelle immagini fecero il giro del mondo, era stato abbattuto il Vecchio, come lo chiamavano gli abitanti della città, i mostarci. Un gioiello dell’architettura medievale ottomana, rimasto in piedi per più di quattrocento anni, unendo le due sponde del fiume Neretva, non resistette all’attacco delle unità croate. Non era in alcun modo un obiettivo militare o strategico; fu un atto voluto che rappresentò l’apice della guerra che i croati avevano intrapreso contro i propri vicini, precedentemente loro alleati, i  musulmani bosniaci.

La guerra in Bosnia Erzegovina,  iniziata nel 1992,  ebbe diverse fasi e diversi fronti. Nel primo anno di guerra bosniaci e croati combatterono insieme contro il nemico comune, i serbi, ma nel 1993 le cose cambiarono: i croati, che avevano nel frattempo negoziato con Belgrado la spartizione della Bosnia, aprirono un secondo fronte contro i bosniaci cercando di ritagliarsi, alla stregua dei serbi, una parte del paese a prevalenza croata.

Mostar era una città  emblematica per i croati: mista, multiculturale, in cui i musulmani bosniaci e i croati  rappresentavano in egual misura la maggioranza, mentre la componente serba era una piccola minoranza.  Ad ovest del ponte  vivevano in prevalenza croati, mentre a est in prevalenza bosniaci musulmani. Ai croati non interessava la città, volevano solo che  i loro quartieri diventassero al 100% croati, e infatti cacciarono i musulmani dalle loro case e li spinsero sulla riva est della Neretva.

In quella guerra l’abbattimento di  ponti, la distruzione delle biblioteche, delle case, di antichi palazzi fu una consuetudine diffusa;  l’obiettivo non era conquistare le città, ma piuttosto “bonificarle etnicamente”, cacciare l’etnia diversa dalla propria. In questa logica, simboli come il Vecchio Ponte, che era parte integrante dell’identità culturale dei cittadini di Mostar, espressione della cultura bosniaca, simbolo di unione di genti, religioni, etnie, doveva  essere  distrutto.

I responsabili della distruzione del ponte furono sei croato-bosniaci, che erano i massimi esponenti politici e militari della cosiddetta Comunità Croata di Herceg-Bosna 1 (l’entità autoproclamata nel 1991 e disciolta nel 1994). Furono giudicati dal Tribunale dell’Aia come responsabili di una “impresa criminale congiunta” e condannati dai dieci ai venticinque anni di prigione. Nel verdetto contro i sei croati, il Tribunale dell’Aia sostenne  che la distruzione dello Stari Most rappresentava una violazione delle leggi e delle consuetudini di guerra e  “ un atto cosciente da parte degli autori che miravano a distruggere l'identità culturale attraverso la distruzione materiale e l’avvilimento della popolazione”.


Mostar oggi, una città profondamente divisa

Lo Stari Most è stato ricostruito  dopo la guerra e riconsegnato alla città nel 2004. Per la sua bellezza e unicità è stato dichiarato patrimonio UNESCO.  Ma oggi ha perso la sua funzione principale, non unisce più le due parti della città distesa sulle sponde della Neretva, è diventato un  simbolo di divisione.

A Mostar, che oggi  ha una popolazione di circa 120.000 persone in  prevalenza croate, croati e bosniaci musulmani sono in tutto e per tutto divisi. Mostar in realtà  è fatta di due città, tutti i servizi comunali sono doppi: due poste centrali, due stazioni centrali, due sistemi educativi, due università, due fornitori d’acqua, due imprese comunali per la pulizia pubblica, due corpi di vigili del fuoco.

Sulla sponda destra del fiume Neretva si estende la “Mostar croata”, città turistica, ristrutturarta e curata,  mentre sulla  sponda sinistra c’è la Mostar musulmana, che porta ancora ben visibili i segni della guerra. Gran parte di essa durante la guerra fu quasi rasa al suolo;  là furono uccisi nel 1994  tre Alessandro Ota, Dario D’Angelo e Marco Lucchetta, tre giornalisti italiani  colpiti da  una granata sparata dalle postazioni croate, mentre  stavano facendo un servizio sui bambini di Mostar.


APPROFONDIMENTI

Il bombardamento di Mostar nell'intervista di Dario Terzic

Mostar: 20 anni fa fu distrutto il ponte, poi ricostruito. Ma restano le lacerazioni

Mostar united, documentario di Claudia Tosi, 2008

Bosnia- Erzegovina un paese ancora diviso, Euronews