A Vukovar, città della Croazia da secoli abituata alla mescolanza di culture, nel 1991 vivevano 47.500 abitanti,di cui il 47% croati, il 37% serbi e minoranze di ungheresi, tedeschi, italiani.
La Dichiarazione di indipendenza della Croazia il 25 giugno 1991, conseguenza diretta dei risultati di un referendum tenutosi tre mesi prima, provocò l'intervento militare jugoslavo, deciso a non permettere che territori abitati da Serbi fossero smembrati dalla Federazione Jugoslava e divisi dalla madrepatria serba. L'attacco coinvolse numerose città croate, tra cui Vukovar.
L’assedio di Vukovar
Il 25 agosto 1991 iniziò l'assedio della città croata da parte dell'Armata Popolare Jugoslava, e quella che fino ad allora era stata una tranquilla città di confine dove croati e serbi convivevano pacificamente, nei tre mesi di assedio successivi, fu completamente distrutta, guadagnandosi il triste appellativo di “piccola Stalingrado sul Danubio”.
Quella di Vukovar è stata la più grande battaglia combattuta sul suolo europeo dalla fine della Seconda guerra mondiale. Decine di migliaia di uomini in armi, intere brigate meccanizzate, centinaia di carri armati, tutto l’arsenale jugoslavo fu rovesciato addosso a una città che allora contava 47.500 mila abitanti, oggi meno di 30 mila. Bombardamenti a tappeto su case, scuole, ospedali. Questo assedio è diventato il simbolo della guerra serbo-croata, da quel momento esplosero tutti i conflitti nazionalistici e religiosi, con gravissime violazioni dei diritti umani. Il 18 novembre 1991, Vukovar, dopo essere stata assediata e devastata dall’esercito federale jugoslavo e dalle truppe paramilitari serbe, sopravvissuta nelle cantine e nei rifugi antiatomici, infine si arrese. Per primi a entrare tra le macerie, in una città completamente distrutta, non furono i soldati dell’esercito jugoslavo, ma le truppe paramilitari serbe di Arkan (L. Rastello, La guerra in casa, Einaudi, pag 37-43) e Seselj, armate ed equipaggiate da Belgrado, bande di assassini che nei giorni immediatamente successivi alla resa della città commisero crimini indicibili contro i superstiti. Nessuno sa dire con precisione ancora oggi il numero dei morti, che di certo furono più di tremila.
La dimensione etnica del conflitto
E’ dopo l’assedio di Vukovar che si rivela chiaramente la dimensione etnica del conflitto jugoslavo. Il generale Panic, uno fra i responsabili delle operazioni in Slavonia, chiese l’autorizzazione a marciare su Zagabria sostenendo che la missione poteva essere portata a termine in 48 ore: “Se il nostro compito è difendere la Jugoslavia dobbiamo proseguire”. L’esercito federale avrebbe potuto dirigersi verso Zagabria per preservare l’integrità dello stato jugoslavo, ma Slobodan Milosevic, l’allora Presidente della Serbia, lo impedì sostenendo che l’obiettivo da perseguire, la difesa delle aree serbe della Slavonia, era stato raggiunto. L’importanza strategica di Vukovar risiedeva proprio nel fatto che la città è collocata alle porte della Slavonia, regione abitata pressoché da serbi. “Con l’orrore dei giorni di Vukovar si segna una strada senza ritorno per la stessa armata federale (l’esercito jugoslavo, ndr) che perde anche la residua apparenza di neutralità ed è forzata a schierarsi apertamente coi serbi” (Rastello, La guerra in casa, Einaudi).
APPROFONDIMENTI
La guerra nei Balcani. Il memorial di Vukovar, Danubio color rosso di Riccardo Michelucci
16 anni fa il massacro di Vukovar , Europeans-IT-Euronews
Racconto la guerra perchè non ho altra scelta di Zoran Zmiric
Paolo Rumiz, Maschere per un massacro, Feltrinelli, capitolo V